Giulietta e Beatrice

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Si guardò le scarpe. La suola era bucata, ma chi mai se ne sarebbe potuto accorgere mentre era alla guida della sua rombante Alfa Romeo Giulietta berlina grigia, nuova fiammante?

Unmilionequattrocentoventicinquemilalire era scritto in bella calligrafia, forse appena tremante, sulla cambiale che Pietro aveva firmato un’ora prima per l’acquisto: una bella somma, certo, ma ne valeva la pena, oh se ne valeva la pena! Innanzi tutto avrebbe presto trovato una fidanzata, sicuramente, e già sapeva quale.

La signorina Beatrice di cui, novello Dante, era silenziosamente innamorato da almeno un anno, non aveva mai degnato di uno sguardo lui, che usciva alle sei del mattino con la sua bicicletta sferragliante, mentre lei era in attesa alla fermata del tram, sempre perfetta nel suo soprabito lavanda. Bella come un’attrice, per lui era la perfetta commistione tra Gina Lollobrigida e Silvana Mangano, sensuale come la prima ma raffinata come la seconda.

Finalmente, il suo sguardo non lo avrebbe attraversato come se fosse fatto di vetro: l’avrebbe notato e quello sarebbe stato il primo passo verso il fidanzamento. Lui avrebbe abbassato il finestrino ed avrebbe fatto un gesto discreto di saluto. Un tocco sul cappello? No, l’avrebbe scambiato per un autista. Un gesto con la mano? Troppo banale. Un sorriso, appena accennato. Sì, con quello non avrebbe potuto sbagliare: un ottimo compromesso tra il contatto attivo e il lasciarsi notare. Gli occhi si sarebbero incrociati, lui avrebbe accennato un sorriso affascinante che lei sicuramente avrebbe ricambiato… Si mise a fare delle prove di sorriso affascinante guardandosi nello specchietto retrovisore, dimenticandosi che era fermo ad un semaforo. Ma Roma non perdona e quel giorno si meritò la prima sonora strombazzata della sua vita, da parte del fruttarolo del quartiere, che dal camion non mancò di esortarlo gentilmente “Ahò, te vòi dà ‘na mossa, signorino?

Erano le quattro del pomeriggio: e se fosse andata a prenderla al lavoro? Perché aspettare la mattina seguente? Avrebbe potuto passare casualmente dalle parti dell’ufficio dove faceva la centralinista e farsi notare già da subito… O addirittura poteva farsi trovare parcheggiato lì davanti, ad attenderla. No, troppo sfacciato, meglio giocare la carta del (simulato) destino…

Primo giro dell’isolato: mancavano cinque minuti alla fine del turno, mica poteva prendere che uscisse prima dal lavoro.
Secondo giro dell’isolato: avvistata la signorina Mancini, ma della bella Beatrice nessuna traccia.
Terzo giro dell’isolato: in realtà il secondo e mezzo, perché gli si parò davanti il carretto a mano dell’arrotino e di azzardare un sorpasso non se ne parlava proprio, non solo per il timore di rigare la vernice grigia lucidata a cera, ma anche perché mancava proprio lo spazio per superare l’ingombrante trabiccolo. Arrivati finalmente all’incrocio della via, il carretto svoltò a sinistra, la Giulietta a destra ed ecco, la celestiale visione di una signorina color lavanda.

Un tuffo al cuore accompagnato da una sonora grattata, ed ecco che Pietro riusciva ad intercettare lo sguardo dell’amata, anche se non nella maniera sperata.
Hai voglia ad accennare un sorriso affascinante dopo aver sbagliato ad ingranare la marcia… L’emozione, anzi, lo portò a sbagliare di nuovo clamorosamente, ed anziché la frizione, dopo dieci secondi schiacciò con forza il freno, mise la quarta anziché scalare alla seconda. Risultato: un rumore di ferraglie da far invidia alla bicicletta, e macchina pietrificata in mezzo alla strada. A questo punto, Pietro avrebbe voluto aprire la portiera e darsela a gambe, ma ormai il danno era fatto. Come avrebbe fatto a fidanzarsi dopo una figura del genere? Tanto valeva riportare la bella berlina al suo venditore e chiedere implorante la restituzione della cambiale.

Gli occhi lucidi per la figuraccia e la sensazione di avere sprecato l’occasione della vita non erano il modo migliore di presentarsi, eppure la signorina Beatrice si stava avvicinando alla vettura. Bussò leggermente al vetro, e Pietro non riusciva a credere di quanto stava succedendo. “Tutto bene?” “S-s-sì, mi scusi…” rispose balbettando e senza rendersi conto che non erano necessarie delle scuse.

Ancora oggi Pietro e Beatrice raccontano allegri la figuraccia della Giulietta, e di come dopo qualche mese la rombante vettura venne venduta e sostituita con una più economica 500, assai più indicata per una giovane coppia di fidanzati prossimi alle nozze…

L’immagine utilizzata è di pubblico dominio.

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