Stava arrivando l’estate. Rosita aveva già una leggera abbronzatura, presa andando in bicicletta e a giocare a tennis, sport della sua gioventù, che aveva ripreso negli ultimi mesi.
Il suo corpo era decisamente più tonico, i capelli giovanili e vivaci, il volto stesso aveva un’espressione distesa, ben diversa da quella di fine anno.
Un sabato mattina passeggiava sul lungomare di Marina di Grosseto, naturalmente con Bones, ormai sua compagna inseparabile.
Tra l’altro, la bassottina era diventata molto più tranquilla rispetto ai tempi in cui viveva con Nevada.
Rosita fu dunque sorpresa quando, improvvisamente, cominciò ad abbaiare in modo particolarmente vivace.
Che strano – pensava – Che cosa ha visto che l’ha turbata?
La risposta giunse dopo pochi minuti quando, girando lo sguardo verso i tavoli di un bar, vide Neme, la misteriosa donna del quadernino, sorridente e seduta.
Era molto elegante, stavolta indossava un tailleur rosso, da cui emergevano due gambe slanciate e calzava scarpe nere con tacco molto alto.
“Ciao” Le disse.
“Ciao, Neme”
“Come va? Immagino che tu stia meglio rispetto a qualche mese fa”
“Direi di sì. Sono molto più serena”
“Vedi che il quadernino è servito”
“Cosa vuoi dire?”
“Quello che ho detto. Quello che dovrebbe dirti il mio nome…”
Improvvisamente Rosita si rese conto che Neme era l’abbreviazione di Nemesi, la dea della vendetta. Strano che non ci avesse mai pensato…
La Nemesi storica le era sempre piaciuta, subiva il fascino di questa giustizia così precisa e implacabile…
Già, ma le dee non esistevano. Certo che no.
Neme sorrideva.
“Dai – fece Rosita – Non vorrai mica dirmi che il quadernino…”
“… Non si tratta del quadernino. Quello è solo un mezzo. Sono gli equilibri dell’universo a gestire le situazioni come la tua”
“Non ci credo, ora, dai, come è possibile”
Neme sorrise enigmatica.
Bones abbaiò più volte e Rosita si abbassò per farle una carezza.
Un attimo dopo, quando si girò verso il bar, Neme non c’era più.
E quando tornò a casa, nel cassetto del soggiorno non c’era più il quadernino. Forse aveva sognato tutto. O forse no.
FINE