Alla fine della giornata di Capodanno, Rosita era affamata, ma soddisfatta. Aveva terminato Rondini d’inverno, letto tutto d’un fiato, come ai vecchi tempi e ne era entusiasta.
Quando leggeva un bel libro, le tornava la speranza.
Le pareva che in giro ci fosse ancora bellezza e dunque il futuro poteva riservare qualche novità piacevole.
Mangiò una pizza capricciosa ordinata alla pizzeria sotto casa e si coricò, dormendo serenamente, dopo tanto tempo.
Il giorno dopo andò a prendere Bones.
Era una bassottina a pelo ispido, decisamente agitata. Abbaiava moltissimo. Ma forse, pensava e sperava Rosita, per protesta contro
le sue padrone sciroccate.
Il nome, però, era simpatico e non a caso l’aveva scelto Piero, suo fratello, grandissimo fan dell’antropologa forense della serie tv Bones.
“Vedi, alla canina piacciono le ossa, proprio come a Temperance Brennan e noi la chiameremo Bones!”.
La prima sera con la cagnolina fu piuttosto critica. Sembrava piangesse, tanto disperati erano i suoi guaiti.
Rosita non sapeva che fare. Il suo primo istinto sarebbe stato di mettersi a piangere anche lei insieme al cane.
Poi si mise Bones sulle gambe e cominciò a cullarla.
Così si addormentarono entrambe sotto la copertina con cui Rosita era solita avvolgersi da quando era rimasta sola.
Furono svegliate prestissimo dalla suoneria del telefono, una suoneria personalizzata, per la verità, “Pippo non lo sa”, tutta dedicata alla cognatina che, come Pippo, si credeva bella come un Apollo (magari una Venere), ma saltellava come un pollo.
Rosita guardò l’ora. Erano appena le sei, ma che voleva a quell’ora antelucana?
“Rosita – esordì Nevada a voce altissima – Ricordati di non dare da mangiare i tuoi avanzi a Bones, che poi me lo immagino che schifezze mangi. Non sei mai stata una grande cuoca, neppure da sposata, figurati ora che sei sola, poi non hai nemmeno figli, non hai dovuto imparare niente”
Rosita, di nuovo, ribolliva di rabbia. Ma senti questa scema, pensava.
“Certo per il cane è un sacrificio stare con te, ma d’altra parte anche noi abbiamo diritto a una vacanza tranquilli. Mi raccomando, portala fuori tre volte al giorno e non ti dimenticare i croccantini di marca Miobassotto…”
Rosita grugnì una risposta e salutò velocemente la cognata.
Voleva tornare a dormire e anche Bones pareva della stessa idea.
Nevada continuava a blaterare.
Gli occhi di Rosita si posarono sul quadernino.
Mentre la cognata proseguiva con le sue raccomandazioni, lei scrisse sulla prima pagina: “Ciao, Nevada”, a grandi lettere.
“Ciao, Nevada, buon viaggio. Io torno a dormire”.
“Sì, tu, non avendo figli, sei abituata a un sonno indisturbato, sempre. Eh, hai visto un bel mondo”
Rosita ripetè: “Ciao, Nevada” e chiuse il telefono.
(continua)